“Fare la scarpetta”: perché si dice così e le origini di questo gesto

Svuotare il piatto con un pezzo di pane è uno dei grandi piaceri della tavola: perché si dice “fare la scarpetta”?  Cosa ne pensa il Galateo?

In genere, soprattutto in Italia, si usa un pezzo di pane (preferibilmente con molta mollica) per pulire ciò che è rimasto nel piatto: formalmente, secondo la Treccani, significa “raccogliere il sugo rimasto usando un pezzetto di pane infilzato nella forchetta, o più comunemente tenuto tra le dita”. Questa pratica è nota come fare la scarpetta.

Una tradizione diffusa in tutta Italia, da Nord a Sud: raramente si rinuncia alla scarpetta, sia a casa che al ristorante. Anche nei ristoranti di alta cucina sembra essere accettata e permessa, nonostante il Galateo abbia delle riserve.

Ma perché si dice fare la scarpetta e qual è l’origine di questo termine e di questa usanza? Esiste un tipo di pane più adatto per raccogliere il sugo rimasto nel piatto (o anche nella pentola)? Scopriamo di più su una delle abitudini a tavola più amate e soddisfacenti.

Fare la scarpetta: origine del nome e del gesto

L’espressione fare la scarpetta appare ufficialmente per la prima volta nella lingua italiana nel 1987, inserita nel Grande Dizionario della Lingua Italiana. Tuttavia, si trovano riferimenti precedenti tra la seconda metà del 1800 e gli anni ’50 del secolo scorso, in contesti più popolari.

"Fare la scarpetta": perché si dice così e le origini di questo gesto
“Fare la scarpetta”: perché si dice così e le origini di questo gesto – Pexels @Pixabay – Socialboost.it

 

L’Accademia della Crusca segnala che nel Prontuario di parole moderne del 1952, l’autore Angelico Prati descrive fare la scarpetta come “fare il ritocchino, pulire il piatto con un pezzetto di pane dopo aver mangiato”.

Ancora prima, nel 1871, l’espressione appare sulla rivista La Frusta, dove il personaggio di Gaspero “er gobbo” dice: “Famme fa la scarpetta a sto tantino de sugo, che c’è arimasto”. Queste testimonianze suggeriscono un’origine romana del termine, o comunque dal Centro Italia.

Nonostante ciò, non esistono teorie certe sull’origine dell’espressione. Secondo la Treccani, potrebbe derivare da un tipo di pasta concava che facilitava la raccolta del sugo nel piatto. Altri pensano che il termine, usato in “fare la scarpetta”, si riferisca a una scarpa leggera e flessibile, alludendo a un’azione familiare ma poco elegante.

La similitudine più diretta rimanda comunque alla somiglianza tra la forma concava di una scarpa e quella che assume il pane per raccogliere il sugo nel piatto.

Anche se altre linee di pensiero teorizzano come l’espressione sia riconducibile alla scarpa che striscia per terra e raccoglie ciò che trova, proprio come il pezzo di pane che accumula il sugo sulla sua mollica.

Altra voce: scarpetta sarebbe l’espressione in cui è evoluto il termine ‘scarsetta’, utilizzata per lo più nell’Italia Meridionale di un tempo per intendere la povertà, che obbligava la gente ad accontentarsi del poco disponibile e a non sprecarne nulla.

Ma qual è la posizione del Galateo in merito al fare la scarpettaLa scarpetta è una pratica non vietata dal bon ton, purché venga effettuata con le dovute accortezze, quindi nessun utilizzo delle mani: pane infilzato tra i lembi della forchetta e via pulizia del piatto, ma solamente in contesti informali.

Infine, qual è il pane migliore per fare la scarpetta? Ebbene, il gesto può essere effettuato con ogni tipologia di pane, ma meglio se ricco di mollica, così da poter raccogliere più sugo e dar forma a un boccone ghiotto.

Esiste però un pane più adatto di tutti gli altri, ovvero il pane fresco, dalla crosta importante ma con una mollica soffice e morbida, ideale per raccogliere e catturare tutto il sugo, pulendo a fondo il piatto o la pentola.

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