Dalle origini di questa giornata al significato di “carità”, dall’opera inestimabile di Madre Teresa di Calcutta fino all’Agenda 2030 delle Nazioni Unite
Oggi è la giornata internazionale dedicata alla carità – o International Charity Day, in termini inglesi e dunque internazionali.
Essa è stata istituita nel 2012 dall’ONU, l’Organizzazione delle Nazioni Unite, allo scopo di sensibilizzare persone e istituzioni sull’importanza di donare ai più bisognosi.
Scopriamo insieme come nasce la giornata, perché cade il 5 settembre e perché ha un valore inestimabile a livello globale.
Nel 2012, l’ONU riconosce il ruolo cruciale della carità “nell’alleviare le crisi umanitarie e le sofferenze umane all’interno e tra le nazioni”. Per i rappresentanti seduti al tavolo delle United Nations, questo sentimento verso gli altri, questo gesto può contribuire notevolmente sia al dialogo tra persone di culture e religioni diverse, sia alla solidarietà e alla comprensione reciproca.
La carità può alleviare gli effetti peggiori delle crisi umanitarie, integrare i servizi pubblici di assistenza sanitaria, istruzione, alloggio e protezione dell’infanzia. Favorisce il progresso della cultura, della scienza, dello sport e la protezione del patrimonio culturale e naturale. Promuove inoltre i diritti delle persone emarginate e svantaggiate e diffonde il messaggio di umanità nelle situazioni di conflitto.
Quindi donare diventa un modo per influenzare attivamente tutte le questioni citate, per un mondo più equo, dove chi ha di più riesce a rendersene conto e a condividerlo con chi ha infinitamente poco.
L’iniziativa per dedicare una giornata alla sensibilizzazione sulla Carità è partita dall’Ungheria, che aveva già istituito una festa nazionale per celebrare l’importanza della beneficenza e della solidarietà.
Nel 2012, questo importante concetto e celebrazione è ripreso dalle Nazioni Unite, le quali durante un’assemblea lo trasformano in una Giornata Internazionale, scegliendo come data il 5 settembre. Non è una data scelta a caso: per celebrare la carità, l’Assemblea ha voluto ricordare una persona che aveva dedicato la propria vita alla beneficenza e alla cura degli altri.
È così che si è deciso di legare la Giornata Internazionale della Carità a una persona simbolo della solidarietà umana, facendola cadere nello stesso giorno della morte di Madre Teresa di Calcutta, scomparsa in questa data nel 1977.
Suora cattolica di origini albanesi, premio Nobel per la Pace nel 1979, proclamata beata da papa Giovanni Paolo II, e, poi, santa nel 2016 da papa Francesco, ha speso la sua vita ad accudire i malati, i senza tetto e i bisognosi. Nata nel 1910, si reca in India a soli 18 anni, dove dopo qualche anno fonda a Calcutta la congregazione religiosa delle Missionarie della Carità, che ancora oggi si occupa dei “più poveri tra i poveri”.
Per oltre 45 anni ha assistito gli indigenti, i malati, gli orfani e i moribondi, guidando al contempo l’espansione delle Missionarie, prima in India e poi in altri Paesi, includendo ospizi e case per i più poveri e i senzatetto. L’opera di Madre Teresa è stata riconosciuta e acclamata in tutto il mondo, e il suo esempio non ha cessato di ispirare anche dopo la sua morte, avvenuta il 5 settembre 1997, quando aveva 87 anni.
L’obiettivo di questa Giornata è sensibilizzare persone e istituzioni sull’importanza di donare: è un modo per lottare contro la povertà, il disagio e per creare una società più giusta e inclusiva. Nell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, adottata nel settembre 2015, le Nazioni Unite riconoscono che l’eliminazione della povertà in tutte le sue forme e dimensioni, compresa la povertà estrema, è la più grande sfida globale e un requisito indispensabile per lo sviluppo sostenibile.
In questa lotta, l’ONU riconosce il ruolo prezioso del settore privato, che spazia dalle microimprese alle cooperative alle multinazionali, ma anche quello delle organizzazioni della società civile e delle fondazioni filantropiche. Tutte queste, insieme al contributo – per quanto infinitesimale – di ogni singolo individuo, possono concorrere alla realizzazione dell’Agenda.
I 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) definiti nell’Agenda possono essere raggruppati in cinque aree fondamentali: persone, pianeta, prosperità, pace e collaborazione. Essi hanno il potenziale per trasformare le nostre vite e il nostro pianeta, fornendo il quadro di riferimento necessario per consentire a tutte le persone di contribuire al miglioramento del nostro mondo.
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