Nei nostri amari esistono più di cento specie di mammiferi marini, ecco perché è importante tutelarli e proteggerli dalla minaccia dell’uomo
Il 19 febbraio è la Giornata Mondiale della Protezione dei Mammiferi Marini, istituita nel 1980 come Giornata mondiale delle Balene, per poi essere estesa a tutti i mammiferi che popolano le profondità del mare e degli oceani.
In Italia questa giornata viene festeggiata dal 2002.
Le balene sono sicuramente l’esempio più rappresentativo di questa categoria, e da sempre affascinano l’uomo per le loro dimensioni (possono arrivare fino a 20 metri di lunghezza) e la loro longevità (vivono in media 100 anni). Basti pensare Aristotele che le ha descritte nel suo trattato Historia animalium e Melville le ha rese protagoniste del suo scritto: Moby Dick, in cui la balena assume un significato simbolico.
Tuttavia, le balene non sono l’unico esempio di mammiferi marini che popolano le profondità di oceani e mari, anzi, esistono numerose classificazioni: vi basti pensare che anche l’orso polare appartiene alla specie dei mammiferi marini pur essendo decisamente diverso dalle balene…
In questo articolo scopriremo quali sono i mammiferi marini più diffusi e il senso profondo di questa giornata dedicata a proteggerli.
I mammiferi marini sono suddividibili in tre diverse classificazioni: cetacei, carnivori e sirenidi. Tutti e tre i gruppi hanno delle caratteristiche comuni, come: un corpo idrodinamico e un’ottima capacità di autoregolazione della temperatura corporea.
Del gruppo dei cetacei fanno parte balene, delfini e orche e sono caratterizzati da un manto privo di pelo e uno strato di grasso in grado di isolare termicamente il loro corpo.
A sua volta, il gruppo dei cetacei, si divide in odontoceti: ovvero esemplari che dispongono di denti, come le orche e i delfini, e che quindi possono cibarsi di grandi prede, e in misticeti: balene e balenottere che non hanno denti ma ispessimenti di pelle indurita che consente loro di masticare piccole prede come il plancton.
Di questo gruppo fanno parte le foche, gli orsi polari, i trichechi e le otarie. I mammiferi marini carnivori possono vivere sia fuori dall’acqua che sulla terra ferma; infatti, possono passare svariate ore nell’acqua o sulla terra senza accusare alcun tipo di problematica respiratoria o di danno fisico.
Si tratta di mammiferi marini erbivori, come il lamantino e il dugongo. Tendono a vivere in acque molto profonde per riuscire a proteggersi dai predatori, ma l’uomo è una minaccia enorme per loro: vengono cacciati per la loro carne, tanto da essere considerati, a tutti gli effetti, delle specie in via di estinzione.
Uno dei principali pericoli con cui devono fare i conti questi giganti dei mari è l’inquinamento derivato dall’attività umana nel loro habitat, che sta andando a creare danni sempre più irreparabili con il passare di ogni anno. Non parliamo solo della caccia intensiva illegale, ma anche del rilascio di pesticidi, petrolio e plastica nei mari e negli oceani che popolano i mammiferi marini.
La contaminazione sta amplificando i danni che il riscaldamento climatico ha inferto e continua ad infliggere, e la somma di questi due fattori sta portando a conseguenze deleterie e irreparabili che mettono a rischio la sopravvivenza di numerose specie marine.
Infatti, questi mammiferi che devono già fare i conti con l’innalzamento delle temperature, l’acidificazione delle acque e lo scioglimento dei ghiacciai, devono anche riuscire a salvarsi dalla caccia illegale e dal petrolio e dalle sostanze tossiche rilasciate in acqua dalle imbarcazioni. Per non parlare dei rifiuti e delle plastiche, che vengono scambiate per cibo e causano la morte di questi mammiferi.
Anche l’inquinamento acustico, causato dall’uso sempre più massiccio di sonar, sta andando a ledere alla sopravvivenza di questi animali, facendo in modo che perdano il senso dell’orientamento e non riescano più a comunicare tra loro. Si tratta del motivo principale per cui si arenano e muoiono di stenti sulle spiagge.
I provvedimenti più importanti sono sicuramente da prendere a livello governativo, per disincentivare la pratica di caccia illegale e punire con pene più severe l’alterazione dell’habitat di questi animali, attraverso il rilascio di sostante tossiche e nocive per la loro sopravvivenza. In questa direzione, citiamo la dichiarazione del governo federale della Columbia Britannica, mirato a preservare la sopravvivenza dell’orca:
“Le navi devono rimanere ad almeno 400 m di distanza da tutte le orche nelle acque costiere meridionali della Columbia Britannica tra il fiume Campbell e Ucluelet, tra cui Barkley e Howe Sound. Questo è in vigore tutto l’anno fino al 31 maggio 2023. Se le orche si avvicinano a qualsiasi nave, queste dovrebbero mettere il loro motore in moto e aspettare che gli animali passino.”
Regole come questa possono fare la differenza e sono sicuramente dei passi avanti decisivi per proteggere i giganti del mare.
Ma noi persone comuni, che non possiamo cambiare leggi o fare entrare in vigore delle direttive, se non indirettamente con prese di posizione e proteste, cosa possiamo fare in concreto?
Tutti noi possiamo scendere in campo, o meglio in mare, con delle azioni quotidiane che possono fare la differenza:
Ci sono delle realtà internazionali che si occupano della salvaguardia di questi animali. Ne è un esempio l’International Whaling Commission (IWC), nata nel 1946 come organismo globale responsabile della gestione della caccia alle balene e della loro conservazione.
Ad oggi comprende 88 paesi, vanta al suo interno un comitato scientifico e porta avanti delle azioni concrete per tenere monitorato il numero degli esemplari in vita. Vi consigliamo di dare un’occhiata al loro sito per scoprire tutte le iniziative promosse dall’ IWC per aumentare la consapevolezza su questo tema.
Greenpeace, a sua volta, si impegna a contrastare i crimini ambientali anche in loco, muovendosi con le navi per difendere con determinazione l’ambiente e gli animali. Inoltre, Greenpeace si impegna redigere dei report annuali che aiutano a tenere monitorata la situazione delle balene nei nostri mari:
“Gli episodi di mortalità anomala dell’anno scorso e i recenti ritrovamenti di individui intrappolati in reti illegali di una specie chiave dei nostri mari come il capodoglio, insieme alle analisi condotte sugli animali spiaggiati lungo le coste italiane negli ultimi anni, evidenziano come i nostri mari stiano diventando sempre più inospitali per balene e delfini a causa dell’uomo. È fondamentale mantenere un ambiente sano e ridurre gli impatti e l’invasione di aree naturali da parte dell’uomo se non vogliamo rischiare gravi conseguenze.”
In conclusione, è bene approfittare di questa giornata per conoscere il più possibile questi mammiferi e diventare più consapevoli del rischio di estinzione con cui devono fare i conti ogni giorno. Non dobbiamo mai dimenticare che nel nostro piccolo, anche noi possiamo fare la differenza.
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