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Curiosità

Gli astici provano dolore? La storia di Gill

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Giulia De Sanctis

Gli astici mostrano segni di sofferenza quando vengono bolliti vivi e una ristoratrice ha trovato una soluzione: li sballa con la cannabis. Vediamo insieme nel dettaglio

Parliamo della storia di Charlotte Gill, la quale cucina gli astici, ma non in forno. Nel 2018 Gill e il suo ristorante, il Charlotte’s Legendary Lobster Pound sito a Southwest Harbor, in Maine, finirono sui giornali per un trattamento a base di marijuana che Gill stava sperimentando sugli astici prima di cuocerli.

Durante l’infanzia, Gill risparmiava i soldi della paghetta per comprare gli astici vivi che poi, in un secondo momento, andava a liberare nell’oceano. Poi è diventata adulta e gestisce un lobster pound – locali lungo la strada dove gli astici vivi sono tenuti in grandi vasche -, dove decine di crostacei vengono bolliti vivi ogni giorno e la sua coscienza la tormentava.

Il metodo di Gill sugli astici: stordirli con i cannabinoidi prima di cuocerli

Anche se non c’è un vero e proprio metodo per capire con certezza in che modo gli astici sperimentano il dolore, Gill afferma di averli osservati mostrare segni di sofferenza. A un certo punto si è chiesta: perché non stordirli prima di cuocerli?

Foto | National Geographic @MICHAEL D. WILSON – Socialboost.it

Dopo aver letto, in uno studio del 2006, che gli invertebrati – inclusi astici e aragoste – hanno i recettori dei cannabinoidi, e la marijuana è legale nello Stato del Maine, così ha deciso di provare: ha inizialmente catturato un astice cavia che ha chiamato Roscoe, poi ha costruito una struttura che ricreasse le condizioni dell’hotboxing (la tecnica di fumare cannabis in uno spazio piccolo, chiuso e non ventilato) usando una vaschetta di plastica in cui è stata messa un po’ di acqua salata.

Con una pompa per gonfiare i materassini e un tubo Gill ha convogliato nella vaschetta il fumo prodotto in un contenitore dove brucia della cannabis e, dopo quattro minuti di trattamento, Roscoe è passato dal brandire le grandi chele e agitare la coda ad abbandonarsi placidamente nelle sue mani.

Una volta rimesso nella vasca con gli altri astici, Roscoe non solo si è mostrato rilassato e sociale, ma sembrava anche avere un effetto calmante sugli altri esemplari.

Dopo circa tre ore gli effetti della marijuana sembrarono del tutto svaniti, ma Gill ha tenuto Roscoe per altre due settimane, osservandolo ogni giorno per capire se mostrasse comportamenti inusuali: l’animale era in ottima salute. A quel punto Gill lo ha liberato nell’oceano: “Meritava la libertà, per il contributo che ha dato alla scienza”.

Successivamente altri astici sono stati sottoposti al trattamento e poi in seguito cotti: ” La loro carne era più dolce, più gustosa e più leggera, oltre che più tenera” racconta Gill.

Suo padre, un sacerdote in pensione di oltre 80 anni afferma che “non era mai stato esposto alla cannabis in alcun modo”, ma accettò di far parte del test: dopo aver mangiato abbondanti quantità di astici trattati, l’analisi delle urine che fecero a casa risultò negativa alla marijuana.

Il cambio di Gill con la radice di valeriana e il supporto da parte dei ricercatori

Gill era così pronta a offrire la nuova ricetta di astice ai clienti del suo ristorante, ma dopo che il Dipartimento di Sanità di Stato sentì del trattamento alla marijuana, ha minacciato di chiudere il locale di Gill.

Foto | Unsplash @Michael Held – Socialboost.it

Il dipartimento le ha fatto recapitare un documento chiamato GRAS – “una buffa coincidenza”, afferma Gill (grass in inglese significa “erba”, quindi anche “marijuana”) che riporta l’elenco degli additivi generalmente considerati sicuri per l’uso alimentare.

Così Gill ha iniziato a somministrare ai suoi astici la radice di valeriana – erba medicinale il cui utilizzo è consentito -, immergendo gli animali in una miscela di acqua salata e valeriana per circa 30 minuti – un trattamento che ritiene essere efficace al 75%, rispetto alla cannabis. E ancora oggi continua a farlo.

La radice di valeriana le costa oltre 1.000 dollari (circa 920 euro) al mese, una spesa che si accolla lei e che, quindi, non ha fatto aumentare i prezzi sul menù. “Non voglio che nessuno possa pensare che l’ho fatto per i soldi”, spiega, “l’ho fatto perché è la cosa giusta da fare”.

E oggi i suoi esperimenti hanno una conferma scientifica: nel 2021 alcuni ricercatori hanno testato la teoria di Gill, esponendo degli esemplari di astice al vapore contenente THC di una sigaretta elettronica.

Lo studio, in cui Gill viene menzionata (anche se “nessuno ci ha mai contattati”, specifica la ristoratrice), supporta la sua teoria, rilevando che gli astici si muovevano più lentamente dopo l’esposizione, un aspetto che probabilmente indica una maggiore calma, sebbene gli animali reagissero comunque al calore.

Quindi i crostacei percepiscono il dolore?

Da tempo la scienza si chiede se specie marine molto amate come pietanze i quali astici, aragoste, granchigamberi percepiscano il dolore. Le controversie su astici e aragoste sono state piuttosto accese, essendo queste specie bollite vive per questioni di sicurezza e di gusto.

Foto | Unsplash @wen panda – Socialboost.it

La struttura cerebrale dei crostacei è diversa da quella umana, e alcuni scienziati sostengono che le loro reazioni agli stimoli dolorosi siano solo reazioni istintive che li proteggono, qualcosa quindi di diverso dal dolore che viene definito come un’esperienza spiacevole a livello sensoriale ed emotivo.

Gill afferma che lei ha osservato gli astici mostrare segni di sofferenza, quali graffiare le pareti delle vasche, perdere le chele – gli astici possono perdere gli arti come meccanismo di difesa – e cercare di uscire dalla vasca.

Tali reazioni possono essere assimilabili a quelle di una persona che ritrae la mano dopo aver toccato un fornello caldo, come affermano gli scienziati.

“Si tratta di un riflesso che si attiva prima che si provi dolore e non coinvolge affatto il cervello”, afferma Jonathan Birch, principale ricercatore del progetto Foundations of Animal Sentience della London School of Economics and Political Science. “Quindi alcune persone pensano: beh, forse è solo un riflesso automatico”.

È impossibile sapere con certezza se la percezione del dolore degli astici sia simile alla nostra o meno, ma “sicuramente ci sono molti segni che indicano sofferenza”, come afferma Birch.

In uno studio del 2014 i ricercatori hanno rilevato che i decapodi studiati si nascondevano negli angoli bui della vasca, dopo aver subito una scossa elettrica, ma somministrando agli animali un farmaco ansiolitico, questo effetto veniva annullato, a indicare che questi animali possono esperire stati mentali ansiosi. “È chiaro che si tratta di qualcosa di più sofisticato di un semplice riflesso”, afferma lo studioso.

Un altro studio, del 2015, gli scienziati hanno osservato le reazioni di 20 esemplari di granchio ripario alle scosse elettriche: sedici di loro camminavano sul fondo della vasca e quattro hanno cercato di uscire.

Inoltre la concentrazione di acido lattico (un chiaro indicatore di stress) nella loro emolinfa era tre volte maggiore rispetto agli esemplari del gruppo di controllo che non erano stati sottoposti a scossa elettrica.

I crostacei si curano le ferite, sacrificano risorse per evitare situazioni dannose e reagiscono agli antidolorifici, riporta l’organizzazione animalista Crustacean Compassion con sede nel Regno Unito.

Sulla base di questo Birch afferma, in riferimento al fatto che aragoste, astici e granchi vengono gettati vivi nell’acqua bollente, che “c’è una possibilità molto realistica che quei due minuti vengano vissuti con grandissima sofferenza”.

Nel 2018 il governo svizzero ha stabilito che astici e aragoste devono essere storditi prima di essere bolliti. Nel 2021, a seguito di una revisione di oltre 300 studi commissionata dal governo che ha rilevato solide prove della senzienza dei crostacei, il Regno Unito ha aggiornato la legge sul benessere degli animali includendo aragoste, astici, polpi, granchi e altri animali.

Giulia De Sanctis

Laureata in Comunicazione e Valorizzazione del Patrimonio Artistico Contemporaneo, collaboro attivamente con riviste e testate web del settore culturale, enogastronomico, tempo libero e attualità.

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Giulia De Sanctis

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