Gli smartwatch che possono rilevare i primi segni di Parkinson utilizzando accelerometri avanzati ed individuare anomalie nei movimenti fino a 7 anni prima della diagnosi
Un nuovo studio condotto dall’Università di Cardiff, nel Regno Unito, ha rivoluzionato la diagnosi precoce della malattia di Parkinson. Utilizzando i dati di movimento raccolti dagli smartwatch, i ricercatori hanno dimostrato che è possibile individuare le persone a rischio di sviluppare la malattia fino a sette anni prima della diagnosi clinica.
Questa scoperta, pubblicata su Nature Medicine, ha suscitato grande interesse nella comunità scientifica, poiché potrebbe rappresentare una svolta nella lotta contro la malattia. Grazie a dispositivi già presenti sul mercato, facili da utilizzare ed economici, sarebbe possibile monitorare specifici parametri e valutare l’efficacia dei trattamenti fin dalle prime fasi della neurodegenerazione. Questo potrebbe consentire una diagnosi più precoce e l’implementazione tempestiva di terapie mirate, migliorando significativamente la qualità della vita dei pazienti.
L’attuale situazione nella diagnosi della malattia di Parkinson è frustrante per gli esperti nel campo. Da tempo siamo consapevoli che i segnali sottili della malattia compaiono fino a venti anni prima che una diagnosi clinica sia possibile. Purtroppo, al momento non si dispone di un biomarcatore oggettivo facilmente monitorabile che permetta uno screening su larga scala della popolazione.
Di conseguenza, la diagnosi e le indagini vengono eseguite solo quando i sintomi caratteristici del Parkinson, come lentezza dei movimenti, tremori, rigidità muscolare e persino la depressione, diventano evidenti. A quel punto, la malattia ha già distrutto oltre il 60% dei neuroni in grado di produrre dopamina, e le terapie sono puramente palliative, mirate a ridurre i sintomi e alleviare le sofferenze dei pazienti. È urgente che la comunità scientifica si concentri sulla ricerca di strumenti di diagnosi precoce, al fine di arrestare la progressione della malattia e migliorare la qualità di vita delle persone affette. Solo attraverso un approccio professionale e investimenti mirati si potranno fare passi avanti significativi nella lotta contro il Parkinson.
Attualmente, non esistono terapie che abbiano dimostrato di essere efficaci nel contrastare la neurodegenerazione. Alcuni esperti suggeriscono che ciò potrebbe anche dipendere dall’arrivo tardivo della diagnosi, quando la patologia è già in uno stadio avanzato.
Nel quadro della ricerca su biomarcatori oggettivi per la diagnosi precoce del Parkinson, il team dell’Institute for Dementia Research dell’Università di Cardiff ha condotto uno studio utilizzando i dati raccolti in una sola settimana dagli smartwatch forniti a 103.712 individui all’interno del progetto di ricerca sulla salute dei britannici, denominato Uk Biobank, che coinvolge complessivamente 500.000 persone. Tra i partecipanti, 273 avevano già ricevuto una diagnosi di Parkinson, mentre altri 196 sono stati diagnosticati in seguito. Attraverso un’analisi comparativa tra i due gruppi, i ricercatori sono stati in grado di sviluppare un sistema di intelligenza artificiale che ha individuato delle anomalie, segnali precoci che indicano la degenerazione della substantia nigra, la regione del cervello coinvolta nella malattia di Parkinson.
Secondo il rapporto di Cynthia Sandor, che ha coordinato l’indagine, evidenziare sottili sintomi, sia a livello motorio che non motorio, può spesso sfuggire all’attenzione, ma grazie alle tecnologie presenti negli smartwatch, in particolare gli accelerometri, è possibile registrare queste variazioni e rilevarle nella tracciabilità. Il team di ricerca britannico ha sviluppato un’intelligenza artificiale che è stata in grado di individuare un modello di diminuzione della mobilità nelle persone che presentano i sintomi precoci del morbo di Parkinson, rispetto a un gruppo di controllo composto da oltre 40.000 individui. Questo schema pre-patologico, specifico del morbo di Parkinson e non osservato in nessun altro disturbo, sarebbe riconoscibile fino a 7 anni prima che si manifestino clinicamente i sintomi della malattia. Lo studio ha inoltre rilevato una riduzione nella durata e nella qualità del sonno in un campione di 65.000 persone, sia nelle persone già diagnosticate con il Parkinson che in coloro che lo svilupperanno in futuro.
I gatti odiano le porte chiuse, ecco perché le graffiano e cercano di aprirle. Ma…
Un vigneto per il Papa piantato da esperti dell'ateneo di Udine In un gesto simbolico…
I dischi in vinile non perdono mai il loro fascino, ecco come funzionano e perché…
Tutto è iniziato con un'accesa lite su Instagram con Enzo Bambolina, un conduttore napoletano. Dopo…
Scopri le meraviglie naturali perdute e quelle ancora visibili in un mondo in costante trasformazione:…
Scopri la storia dei cocktail, dalle origini nel 1786 con il vermouth al primo cocktail…