Il Messiah di Michieletto sbanca a Berlino

Grande successo a Berlino per il “Messiah” di Michieletto

L’Hangar numero 4 dell’ex aeroporto di Tempelhof a Berlino si trasforma in uno spazio scenico di impatto emotivo e visivo per la nuova messa in scena del “Messiah” di Haendel, diretta dal visionario regista italiano Damiano Michieletto. Questo luogo, storico e imponente, si presta perfettamente alla grandezza e alla profondità dell’oratorio, uno dei più amati e frequentemente eseguiti del compositore.

Il pubblico, appena entrato, si trova di fronte a un palco insolito: gli attori e i cantanti, vestiti con abiti comuni, si confondono con gli spettatori. Questa scelta registica iniziale serve a sottolineare uno dei temi portanti dello spettacolo: la vicinanza della trama alla vita di ogni persona. Si assiste così a una rappresentazione in cui la distanza tra palco e platea sembra annullarsi, coinvolgendo direttamente gli spettatori nel dramma umano che si dispiega.

Protagonista della narrazione è un’attrice muta, il cui personaggio lotta con la decisione di porre fine alla propria vita dopo una diagnosi medica senza speranza. La sua storia è intensamente drammatica e coinvolgente, con il coro che funge da tessuto connettivo sociale, riflettendo le diverse reazioni della comunità di fronte al dolore e alla sofferenza individuale. La performance del coro, preparato con cura dal maestro David Cavelius, è di per sé un elemento scenico potente, che contribuisce significativamente all’impatto emotivo dello spettacolo.

Un cast vocale di alto livello

La direzione dell’orchestra è affidata a George Petrou, mentre il design scenico di Paolo Fantin e i costumi di Klaus Bruns contribuiscono a creare un’atmosfera unica, che oscilla tra il quotidiano e il simbolico. Le luci, curate da Alessandro Carletti, insieme alle coreografie di Thomas Wilhelm, offrono momenti di pura magia visiva. I movimenti del coro e dei solisti, che includono oltre 400 persone tra membri dell’istituzione musicale berlinese e volontari, trasformano l’ampio spazio dell’hangar in un palcoscenico vivente e respirante.

Un’esperienza catartica e trasformativa

Un elemento scenografico di grande impatto è l’uso di zolle di prato che, verso il finale, coprono il pavimento. Questa scelta simbolica porta una dimensione di rinnovamento e conforto visivo, in contrasto con il tema del fine vita trattato nello spettacolo. La collaborazione tra Michieletto e la Komische Oper di Berlino si riconferma vincente, continuando la serie di successi precedenti.

In questo contesto, la performance si rivela essere un’esperienza catartica, non solo per gli interpreti ma anche per il pubblico, che esce dall’hangar arricchito e forse trasformato, dopo aver partecipato a un evento di tale portata emotiva e artistica. La speranza di Michieletto di trasmettere un senso di comunità sembra pienamente realizzata, con lo spettacolo che diventa un momento di condivisione e riflessione collettiva sulla vita, la morte e la resilienza umana.

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