Il Brasile candida agli Oscar “Sono ancora qui”

Il potere educativo del cinema: “Sono ancora qui” e la memoria della dittatura brasiliana

Il cinema ha spesso il potere non solo di intrattenere ma anche di educare e illuminare, portando alla luce verità scomode e storie dimenticate. È il caso del film brasiliano “Sono ancora qui”, diretto da Walter Salles, che ha recentemente ricevuto l’onore di rappresentare il Brasile agli Oscar 2025 nella categoria miglior lungometraggio internazionale. Questa scelta non è solo un riconoscimento dell’eccellenza cinematografica, ma anche un momento significativo per il confronto collettivo con un passato doloroso.

Il film si concentra sulla dittatura militare in Brasile, un periodo buio che ha visto la sospensione dei diritti civili, la censura e la persecuzione politica dal 1964 al 1985. La storia raccontata nel film è quella della famiglia di Rubens Paiva, un deputato socialista e l’unico parlamentare ucciso durante il regime autoritario. La sua morte nel 1971, dopo una lunga prigionia, è un simbolo delle atrocità commesse durante quegli anni.

La trasformazione di Eunice: da moglie a attivista

La trama di “Sono ancora qui” si ispira al libro di Marcelo Rubens Paiva, figlio di Rubens, e si concentra in particolare sulla figura di Eunice, la moglie del parlamentare. Dopo la scomparsa del marito, Eunice si trova costretta a reinventare la sua vita in un contesto di grande oppressione. La sua trasformazione da moglie di un politico a importante attivista per i diritti umani è il fulcro emotivo del film. Fernanda Montenegro, che interpreta Eunice, offre una performance toccante che ha contribuito al successo della pellicola, culminato con la vittoria del premio per la migliore sceneggiatura alla Mostra del Cinema di Venezia.

La selezione di “Sono ancora qui” per gli Oscar è stata accolta con entusiasmo dal comitato di selezione brasiliano, presieduto da Bárbara Paz. La Paz ha lodato il film per la sua capacità di rappresentare un periodo tragico della storia brasiliana con intensità e sensibilità, sottolineando l’unanimità della decisione del comitato.

Questo film arriva in un momento in cui il Brasile, come molti altri paesi, sta riflettendo sul suo passato autoritario. In molte nazioni, la memoria delle dittature è ancora un argomento di grande tensione e dibattito. La rappresentazione di tali periodi attraverso l’arte offre una forma di elaborazione collettiva e individuale, contribuendo al processo di guarigione e comprensione.

“Sono ancora qui”: un atto di memoria e resistenza

Il riconoscimento internazionale di “Sono ancora qui” segnala anche un momento di orgoglio per l’industria cinematografica brasiliana, che vede una delle sue opere non solo apprezzata a livello nazionale, ma anche proiettata su un palcoscenico globale. Film come questo dimostrano che il cinema brasiliano non teme di affrontare temi complessi e dolorosi, mostrando una maturità e una profondità che meritano attenzione e rispetto.

“Sono ancora qui” non è solo un film, ma un atto di memoria e resistenza. Attraverso la sua narrazione, il film non solo racconta la storia di una famiglia devastata dalla dittatura, ma solleva questioni universali sui diritti umani, sulla giustizia e sulla capacità di resistenza dello spirito umano. Ora, con la sua candidatura agli Oscar, avrà l’opportunità di raggiungere un pubblico ancora più ampio, continuando a sensibilizzare e ispirare discussioni su un capitolo della storia che non deve essere dimenticato.

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