Da oltre due mesi ormai sono in corso rivolte e manifestazioni contro i colossi della produzione cinematografica e dello streaming, i quali sono accusati di non offrire garanzie ad attori e sceneggiatori di fronte all’entrata in campo della superstar del terzo millennio: l’intelligenza artificiale.
Le rivolte ad Hollywood sono in corso da 74 giorni ormai, e da qualche giorno si è stagliato sul movimento che sta facendo chiacchierare tutto il mondo un volto riconosciuto come leader della ribellione: quello della tata più celebre delle serie tv, Fran Drescher.
Da un lato dello schieramento possiamo contare personalità come quelle di Robert Downey Jr. (agguerrito come lo sarebbe su Iron Man), Cillian Murphy, Scarlett Johannson, Matt Damon, Emily Blunt, e molyi altri, mentre dall’altro ci sono i grandi nomi dei colossi cinematografici di produzione e streaming: Netflix, Amazon, Apple, Disney, Paramount, Sony e Warner Bros. Discovery e altri.
I fautori degli scioperi sono sostanzialmente attori, attrici, autrici e autori che stanno chiedendo aumenti della retribuzione minima, assicurazione medica, migliori pensioni, percentuali sullo streaming delle piattaforme, e soprattutto garanzie che il loro lavoro non sarà sostituito dall’intelligenza artificiale.
La rivolta è cominciata ufficialmente venerdì 14 luglio e sembra essere la risposta alla non-risposta dei colossi sopra citati, ai quali gli scioperanti avrebbero in precedenza chiesto delucidazioni e garanzie che non sarebbero mai arrivate. «È importante essere uniti per cambiare un sistema che è rotto. Siamo in un territorio nuovo, servono limiti, regole: sul funzionamento degli algoritmi, sui guadagni delle piattaforme con lo streaming. Siamo noi artisti a dover affrontare la cosa, ai produttori non conviene. Dobbiamo sostenerci, ciascuna categoria è parte di un tutto», questo aveva dichiarato l’attrice Scarlett Johannson (un’altra Avenger, in effetti) già a fine maggio di quest’anno, riassumendo i principali obiettivi della rivolta e le preoccupazioni dei partecipanti.
Sono due le associazioni principalmente coinvolte: il SAG-AFTRA, che è il sindacato statunitense degli attori cinematografici, televisivi e degli artisti radiofonici, e quello degli sceneggiatori, chiamato WAG. La presidente del primo è Fran Drescher, il volto della sitcom americana “La Tata” negli anni 90 che oggi ha 65 anni, e che negli ultimi giorni ritroviamo al giro per il web in foto e video davanti ad un microfono, con un’espressione davvero corrucciata e quasi commossa dalla preoccupazione.
L’attrice ha dichiarato: «Dopo oltre un mese di trattativa l’Amptp, associazione che rappresenta i principali studi di produzione e streaming (Amazon, Apple, Disney, NbcUniversal, Netflix, Paramount, Sony e Warner Bros. Discovery ndr) non si è mostrata disponibile a offrirci un accordo equo». E così, spiega, «abbiamo preso la più difficile delle decisioni. Non abbiamo scelta, siamo noi le vittime, siamo scioccati da come siamo stati trattati dai Ceo di aziende a cui abbiamo fatto guadagnare miliardi di dollari. È disgustoso, vergogna: sono dalla parte sbagliata della storia. Noi ci ergiamo in solidarietà».
Le conseguenze pratiche della rivolta sono che da settimane ormai spettacoli, film e serie sono bloccati, e accadono picchetti quotidiani. A breve, inoltre, potremo anche constatare l’impatto dello sciopero sui Festival internazionali, come quelli di Locarno, di Toronto, e soprattutto quelli europei. Alla Mostra di Venezia, considerata piattaforma di lancio dalle major per la stagione degli Oscar, prevista dal 30 agosto al 9 settembre, i film potrebbero essere accompagnati solo dai registi e altre figure professionali. Non Zendaya o Bradley Cooper, ma Guadagnino, Polanski, Lanthimos. E poi i grandi premi: la notte degli Emmy, dei prestigiosi premi statunitensi conferiti dalla Academy of Television Arts & Sciences, fissata per quest’anno al 18 settembre, potrebbe scalare a novembre.
“L’intero modello di business modificato streaming digitale, IA. Questo è un momento della verità. Se non ci alziamo a protestare ora finiremo nei guai, ci faranno fallire, finiremo tutti nei guai e il grande capitale di Wall Street ci sostituirà con delle macchine artificiali”, aggiunge al discorso che sta diventando virale la Drescher, con uno slancio anti-capitalista che la donna rappresenta ormai da mesi nel panorama della discussione cinematografica.
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