Nel 1906 partì per la sua prima missione in America Latina con l’obiettivo di mappare la regione di confine tra Bolivia e Brasile per la Royal Geographical Society
Il 28 giugno è uscito nelle sale cinematografiche Indiana Jones e il Quadrante del destino, quinto capitolo della saga con il mitico Harrison Ford nei panni di Indy (come viene soprannominato dagli amici). Il famoso archeologo ed esploratore ha fatto innamorare anche stavolta, con l’ultima sua missione, milioni di fan di tutto il mondo. Ma sapevi che questo brillante personaggio è esistito davvero? Si chiamava Percy Harrison Fawcett e visse a cavallo fra Ottocento e Novecento.
Il coraggioso esploratore nacque il 18 agosto 1867 a Torquay, nel Devon (in Inghilterra) e scomparve nel nulla nel 1925 durante la sua ultima misteriosa spedizione in Amazzonia, dove si era recato per scoprire le antiche civiltà Z insieme al figlio e a un altro compagno di viaggio. Nel 1886 iniziò la sua carriera nell’esercito e fu anche un aiutante topografo per i servizi segreti. Presto cominciò a voler scoprire le meraviglie dell’Africa, ma il suo più grande sogno, che divento anche l’ossessione che lo portò alla morte, era esplorare la foresta amazzonica.
Nel 1906 partì per la sua prima missione in America Latina con l’obiettivo di mappare la regione di confine tra Bolivia e Brasile per la Royal Geographical Society. Secondo alcuni racconti, durante le sue missioni incrociò animali parecchio strani e nel 1907 sparò a una anaconda gigante lunga 19 metri.
Si innamorò di Nina Agnes Paterson, che sposò, e con cui ebbe dei figli.
Percy Harrison Fawcett era convinto che a Mato Grosso fosse sepolta un’antica città, che soprannominò chiamò Z e iniziò a programmare la sua missione che lo avrebbe portato a scoprire importanti dettagli. Dovette però tornare allo scoppio della prima guerra mondiale per arruolarsi e combattere nelle Fiandre. Riuscì a partire definitivamente nel 1925, per l’ultima spedizione alla scoperta di Z. Portò con sé il figlio di 22 anni Jack e Raleigh Rimmell, un altro giovane esploratore.
Durante la sua assenza scrisse una serie di lettere alla moglie e al secondo figlio: “Speriamo di superare presto questa zona… ci siamo accampati qui, al Campo Cavallo Morto a -11° 43′ di latitudine sud e -54° 35′ ovest, esattamente il punto in cui morì il mio cavallo nel 1920 (durante una delle sue spedizioni precedenti, ndr). Ci sono soltanto le sue ossa imbiancate… Non temere, non falliremo”.
E ancora: “Se non dovessimo ritornare non voglio che vengano a cercarci con spedizioni di soccorso. È troppo pericoloso. Se, con tutta la mia esperienza, non riusciamo noi a farcela, che speranza può esserci per gli altri? Ecco perché non voglio dire esattamente dove andiamo. Sia che riusciamo a salvarci e ritornare, sia che lasciamo là le nostre ossa a marcire, una cosa è certa: la soluzione dell’enigma dell’antica America del Sud – e forse di tutto il mondo preistorico – si troverà soltanto quando le antiche città saranno ritrovate e aperte alla ricerca scientifica… Che queste città esistano, lo so con certezza“. Dopo quella spedizione sessuno li vide mai più.
Nel 1951, furono trovati alcuni resti che per qualche studioso sarebbero appartenuti proprio allo scheletro di Fawcett, tuttavia altre teorie smentirono questa ipotesi.
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