Gli specialisti dell’Associazione Medici Endocrinologi hanno posto in evidenza il ruolo giocato dagli interferenti endocrini nei casi di obesità. Cosa sono? Centrano le confezioni in cui vengono riposti i cibi
Attenzione a ciò che si mangia e si beve, ma anche alle confezioni nelle quali vengono riposti i cibi.
È ciò che bisogna fare per ridurre i rischi di sviluppare una condizione di obesità.
A spiegarlo sono gli specialisti dell’Associazione Medici Endocrinologi (AME-ETS), secondo cui a provocare l’obesità non sono solamente cibi e bevande grasse, bensì anche i cosiddetti interferenti endocrini.
Di cosa si tratta? Scopriamolo insieme.
Secondo quanto riportato dai medici dell’AME-ETS, i materiali che compongono le confezioni in cui vengono racchiusi cibi e bevande concorrerebbero a sviluppare una condizione di obesità.
La causa risiederebbe negli interferenti endocrini, ovvero delle sostanze capaci di influenzare la regolare attività del sistema endocrino nel corpo umano e quindi di quell’apparato che produce gli ormoni.
Gli interferenti endocrini si trovano praticamente ovunque.
Dall’aria che respiriamo al cibo e alle bevande che assumiamo, dai vestiti che indossiamo ai prodotti che utilizziamo. Nessuna eccezione neppure per le bustine che avvolgono le merendine, le bottiglie che contengono acqua o altri liquidi, i contenitori in cui vengono riposti carne, pesce, frutta e verdura.
Tutti esempi di oggetti e confezioni di uso quotidiano e che risultano essere tra i maggiori responsabili all’esposizione quotidiana dell’uomo a quelli che vengono definiti “distruttori obesogeni” (gli interferenti endocrini, appunto).
Una lista di prodotti davvero infinita e che ogni anno presenta delle new entry.
Gli studi epidemiologici continuano, infatti, a confermare l’esistenza di associazioni sempre più forti tra diverse patologie e i già citati distruttori endocrini.
Qualcosa di cui ha parlato anche Vincenzo De Geronimo, Coordinatore della Commissione Farmaci AME:
“I ‘distruttori obesogeni’ hanno la capacità di interagire con i meccanismi che portano all’obesità, a più livelli. Sono capaci di interferire con i centri regolatori della fame e della sazietà, oltre che con il metabolismo degli zuccheri e con la biologia delle cellule adipose e di quelle muscolari o con il microbioma intestinale. Lo fanno entrando in competizione o in contrasto con gli estrogeni e gli androgeni e attivando recettori e vie enzimatiche legate alla crescita e proliferazione delle cellule del grasso. Alcuni effetti sono stati, poi, riscontrati anche sulle cellule del cervello”.
Per questo motivo, nel corso degli anni le agenzie regolatorie hanno iniziato a creare delle norme sempre più stringenti e che hanno imposto la riduzione dell’esposizione ambientale a molte delle sostanze sopra citate (in alcuni casi si è arrivati anche al divieto di utilizzo, ndr).
Uno scenario che riguarda però principalmente l’Occidente, mentre molta meno attenzione viene ancora dedicata ai prodotti importati da Paesi in cui tali norme non sono in vigore e che risultano quindi maggiormente inquinati dall’esposizione dannosa agli interferenti endocrini.
Secondo l’Associazione Medici Endocrinologi e parte del mondo medico, l’attuale epidemia d’obesità sarebbe quindi legata, in parte, anche all’inquinamento ambientale.
E la situazione potrebbe peggiorare sempre di più.
Diversi studi dimostrano, infatti, che i “distruttori obesogeni” possono avere effetti biologici anche sulle generazioni successive, ovvero le conseguenze provocate dall’esposizione agli interferenti endocrini potrebbero essere ereditarie.
Come ridurre allora tutti questi rischi di obesità? Il già citato Dottor De Geronimo ha una soluzione:
“Per ridurre l’esposizione agli ‘inquinanti obesogeni’ dovremmo iniziare a limitare il consumo di alimenti confezionati e dolcificati. A questi dobbiamo preferire il consumo di cibi freschi e poco lavorati”.
Un consiglio da seguire, per un futuro più salutare.
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