È inutile fare tutto questo ambaradan…lo abbiamo sentito spesso, ma sappiamo perché? Ecco il significato di uno dei termini più curiosi della nostra lingua
Molto spesso ci sono modi di dire, espressioni e riferimenti alla cultura popolare cui facciamo costantemente menzione senza nemmeno conoscerne l’origine. Questo perché esistono casi in cui la parola già di per sè rimanda a un bagaglio culturale ormai troppo noto, che non ha bisogno di essere spiegato. Anche se dovrebbe.
È il caso della parola “ambaradan”, una di quelle espressioni che spesso utilizzate nel linguaggio quotidiano per descrivere situazioni caotiche, complesse o disordinate. Tuttavia, nonostante sia molto diffusa, in pochissimi forse saprebbero rintracciare l’origine del termine e, soprattutto, del suo significato.
Infatti, “ambaradan” non deve la sua accezione al semplice suono cacofonico delle sue sillabe, anche se in qualche modo la semplice pronuncia della parola contribuisce a rendere l’idea di confusione e scompiglio. La storia termine è in realtà legata a un momento cruciale nella storia italiana, vale a dire la sanguinosa guerra in Etiopia avviata durante l’era dell’espansione coloniale fascista promossa da Benito Mussolini. In particolare, si tratta della traslazione di un termine africano, derivato dal nome di un preciso luogo geografico, l’Amba Aradam, un altopiano montuoso situato nell’Etiopia settentrionale, a circa 500 km a nord della capitale Addis Abeba. Infatti, in amarico – la lingua ufficiale del Paese africano – “amba” significa proprio “altopiano”, luogo in cui avvenne una violenta battaglia tra l’esercito italiano e le tribù locali.
Nel tempo, la parola è stata adottata nel linguaggio comune per esprimere concetti di confusione o disordine, ma da cosa deriva un simile significato? Perché ambaradan si ricollega direttamente a una campagna bellica coloniale? Ecco l’origine della parola.
L’origine della parola ambaradan
Come si diceva, tecnicamente la parola “ambaradan” è associata al nome del monte Amba Aradam, un altopiano montuoso situato in Etiopia, luogo che nel 1936 fu triste teatro di una cruenta battaglia tra le forze italiane e gli abissini. Nel pieno delle mire coloniali del fascismo, in Africa e in particolar modo su questo altopiano etiope, si verificarono attacchi e contrattacchi tra le truppe italiane, comandate dal maresciallo Pietro Badoglio, e le forze etiopi, restie alla resa, sotto la guida del ras Mulugeta Yeggazu. In occasione della battaglia alle pendici dell’Amba Aradam, alcune tribù locali si allearono con l’esercito italiano, almeno in un primo momento, dato che, a seconda delle circostanze e delle trattative in corso, alcune di queste tribù erano solite cambiare bandiera, talvolta schierandosi con il nemico, per poi tornare a fianco delle forze fasciste.
Alla fine, lo scontro sanguinoso si concluse con una vittoria dell’esercito italiano, ottenuta attraverso l’uso improprio di armi chimiche, in particolare gas iprite, una sostanza estremamente tossica che attacca direttamente le cellule del corpo umano, causandone la distruzione. Il ricorso a simili armamenti, causò la morte di oltre 20.000 etiopi, tra militari e civili, i quali affrontarono una terribile disfatta.
Dal canto loro, una volta rientrati in patria, i soldati italiani, di fronte a situazioni caotiche e confuse, iniziarono a utilizzare l’espressione “come ad Amba Aradam” per descrivere proprio il disordine provocato dallo scorrere degli eventi senza apparente ragione. Poi, a poco a poco, nella parlata quotidiana, il ripetersi velocemente del termine “Amba Aradam” portò alla formazione della locuzione “ambaradam”, a causa del diffuso fenomeno della crasi linguistica. Inoltre, nel corso degli anni, un difetto di pronuncia provocò un’ulteriore trasformazione della “m” finale “n”, dando origine alla forma più comune di “ambaradan”, utilizzata ancora oggi, sebbene, in alcune opere si possono trovare ancora entrambe le forme con le consonanti finali , usate indistintamente.
Usi comuni del termine ambaradan
Quindi, con un’impensabile origine bellica, che riporta alla mente una delle pagine più tristi della storia militare italiana, la parola “ambaradan” è ormai un termine consolidato nell’uso comune della lingua italiana, utilizzato per indicare situazioni complesse o caotiche, ma anche attività estremamente intricate che richiedono impegno e notevoli capacità organizzative.
Nello specifico, l’utilizzo del termine “ambaradan” si è standardizzato in due contesti principali:
- per descrivere una situazione di estrema confusione, percepita come un vero e proprio caos, come per esempio nell’espressione: “In camera mia c’è un ambaradan imbarazzante!”.
- per riferirsi a un’attività di notevole complessità, la cui gestione richiede un impegno considerevole e abilità organizzative. Per esempio, si potrebbe affermare: “Devo sempre gestire io tutto l’ambaradan”.
Insomma, inaspettatamente, un termine come “ambaradan” è diventato parte integrante del linguaggio quotidiano italiano, di cui ci si serve per descrivere situazioni al limite del comprensibile e della razionalità, con taglio spesso umoristico.